La giovane atleta piacentina testimonial dell’impegno di Gas Sales Energia per uno sport inclusivo.
Sul casco ha impresso un suo ritratto: per metà ragazzina, per metà tigre. “Perché la mia prima allenatrice Margherita mi disse che avevo la grinta di una tigre”. E il nome d’arte Big Teacher? “Grande maestro. E’ un gioco di parole sul mio cognome, grande maestro”. Lei si chiama infatti Rebecca Maestroni: 17 anni, piacentina, ha appena terminato il terzo anno del liceo “Respighi” di Piacenza indirizzo sportivo. E’ un’atleta plurimedagliata della Fisdir (Federazione italiana sport paralimpici degli intellettivo-relazionali), campionessa sulle piste da sci.
Sul suo casco da qualche tempo è spuntato anche il logo di Gas Sales Energia che accompagnerà lei e la sua squadra nelle competizioni sportive. Ma non solo: Gas Sales Energia insieme al Fondo filantropico The Intellectual Impaired Revolution porterà nelle scuole un messaggio importante: che lo sport è uno strumento straordinario per diffondere ‘Energia Positiva’ nelle persone con disabilità intellettiva e favorirne l’integrazione.
La testimonial sarà proprio Big Teacher: Rebecca. L’abbiamo intervistata per farvela conoscere meglio. Scoprirete, insieme a noi, quanto gli stimoli che ha respirato sin da piccola l’abbiano resa una ragazza capace di costruirsi spazi di autonomia, consapevole della sindrome 18p che fa parte di lei, ma anche forte. E felice. “Rebecca è un miracolo nel miracolo”, dice papà Roberto con orgoglio.
Rebe, chi ti ha insegnato a sciare?
Il mio papà. Ho iniziato a 4 anni, sono entrata nello Sci club a 8 e ho iniziato a fare le gare dello sci club come apripista. La mia prima vera gara per persone con disabilità intellettiva è stata quasi 10 anni fa, nel 2018, a Bardonecchia. Era il giorno del mio compleanno e il papà mi aveva portato come regalo un orsacchiotto dall’Inghilterra. Si chiama Jack ed è diventato il mio portafortuna. Quando gareggio mi aspetta al traguardo, nello zaino.
Tu hai mai insegnato a qualcuno? Desidereresti farlo?
Sarebbe il mio sogno: diventare maestra di sci. Insegnare ai bambini, dalle basi. Ho fatto da guida ad una ragazza non vedente, campionessa nella Squadra paralimpica giovanile di sci. Lei si chiama Melissa e siamo diventate amiche. Quest’anno dopo i Campionati italiani, l’ho guidata sia nel tracciato che in campo libero (le sciatrici raggiungono anche i 100 km all’ora) usando un auricolare e un linguaggio codificato per darle indicazioni su quando e come fare le curve e come direzionarle. Melissa si fidava di me e io ho avuto il coraggio di aiutarla.
Se qualcuno ti chiede cosa è la sindrome 18p, come glielo spieghi?
Io la spiegherei così: è una disabilità derivata dalla mancanza di un pezzo di cromosoma, il cromosoma 18. Questo porta a difficoltà sia fisiche che cognitive.
Hai un profilo Instagram da sportiva, con 30 mila follower? Hai mai dovuto affrontare degli haters in rete?
Si, ma basta bloccarli.
Un tuo desiderio come sportiva.
Mi piacerebbe riuscire a unire in una squadra unica gli atleti con disabilità intellettiva e fisica, come accade in Austria. In questo momento in Italia negli sport paralimpici ci sono solo disabilità fisiche e non intellettive. Io che ho una disabilità intellettiva, non gareggio insieme ai disabili fisici. Ho avuto la fortuna di allenarmi squadra paralimpica giovanile di sci, ma vorrei non fosse un caso unico. Desidero una squadra unita, dove ciascuno dà quello che riesce. E ci si aiuta in tante cose. Ad esempio di noi 10 che eravamo sul ghiacciaio, due parlavano solo tedesco (perché altoatesini) e allora un nostro compagno bilingue ha fatto da traduttore per tutta la squadra.
Papà Roberto Maestroni: “Per ora in Italia gli unici sport paralimpici aperti alla disabilità intellettiva sono nuoto, atletica e tennis tavolo. Nella speranza e in attesa che il Comitato Paralimpico possa prendere in considerazione l’opportunità di inserire lo sci, abbiamo creato Ski Race Cup, un circuito in quattro tappe per sciatori e sciatrici con disabilità intellettive, per i quali non erano presenti gare. La Fisdir (Federazione Italiana Sport Paralimpici degli intellettivo – relazionali), costituita in seno al Comitato Italiano Paralimpico, ha promosso quindi la Ski Race Cup, dove gli atleti sono coinvolti in allenamenti, gare e socializzazione. Alla fine della nostra prima stagione, i 10 atleti più capaci sono entrati in una selezione nazionale che la scorsa estate ha potuto allenarsi insieme, sciando anche in ghiacciaio. Gas Sales Energia sta sostenendo questo team nazionale”.
Rebecca: Posso esprimere un secondo desiderio? Vorrei partecipare ad una competizione internazionale e vincere una medaglia.
E un tuo desiderio come ragazza di 17 anni?
A me una cosa che piacerebbe è riuscire a far capire agli altri ragazzi che la disabilità non è qualcosa di cui avere paura, ma un’opportunità.
Saresti disposta a dirlo nelle scuole?
Sì. Per ora l’ho fatto una volta sola, raccontando la mia storia in una classe di un liceo di Vicenza, dove c’era una ragazza di nome Stella che doveva essere meglio inserita nel gruppo. Io sono pronta a parlarne anche nelle scuole di Piacenza (‘tranne nella mia’, ci confessa Rebe, che resta pur sempre un’adolescente che non ama mettersi in mostra di fronte ai compagni di classe).
Se dovessi incontrare il presidente Mattarella, cosa gli chiederesti?
Due cose: la prima è cercare di fare unire le due disabilità intellettive e fisiche nello stesso team. La seconda è di aggiungere a scuola delle ore per partecipare ad eventi: e non intendo solo musei o teatro, ma anche partite di pallavolo, esperienze sportive, esperienze con studenti che parlano altre lingue.
Quale personaggio famoso ti piacerebbe incontrare di persona?
Federica Brignone.
Pratichi altri sport, oltre allo sci?
Per allenarmi e migliorare nello sci, andiamo una volta la settimana dal fisioterapista e da una maestra di yoga che si chiama Eva. Siamo andati a fare le arrampicate sulla roccia o in palestra. D’estate uso i pattini in linea, vado in bici e sono stata sul parapendio.
Papà Roberto: E’ un modo per togliere le paure di ciò che non si conosce: il disabile preferisce infatti generalmente dire: ‘non lo faccio, perché non so cosa mi aspetta e ho paura’. Per Rebecca praticare sport anche impegnativi (quando parla di arrampicate si parla di 18 km in montagna con dislivelli notevoli) è una sfida con se stessa, contro le paure e i propri limiti. Il disabile inoltre prima di imparare un movimento, deve ripeterlo tante e tante volte perché è dotato di poca memoria a lungo termine, sia cognitiva che fisica. Ricordare alla mente che il corpo può andare oltre, diventa una sfida continua.
Quante medaglie hai vinto?
Non le ho mai contate, ma nello sci sono tante.
E nell’atletica? So che pratichi anche la corsa.
L’ho iniziata tre anni fa nello Special Dream Team, polisportiva per atleti disabili intellettivi. Il primo anno eravamo 5 o 6. Adesso siamo 100. Si fanno diversi sport: calcio, basket, atletica. Io faccio resistenza: 400 metri. Con la mia scuola ho fatto anche la campestre e pure i 1000 metri.
Torniamo allo slalom gigante. Anzi al Supergigante, la specialità che ti piace di più. Cosa fai prima di una gara?
Ripercorro nella mente la pista che ho visto nel giro di ricognizione.
La tua prima allenatrice, quella che ti paragonò ad una tigre, si chiama Margherita Donelli. E quello attuale?
Tomaso Tomasetti.
Cosa deve fare un buon coach?
Secondo me deve trasmettere passione e motivare gli allievi nei momenti di sfida.
Le tue sorelle fanno il tifo per te?
La più grande Rachele ha 18 anni; la piccola Roberta ne ha 14. Fanno il tifo per me; hanno fatto Sci club ma hanno poi deciso di fare altro. Roberta ama la musica e aveva i concerti da seguire. Rachele ha finito il liceo ed andrà all’università.
I tuoi genitori – Roberto e Federica – come ti hanno aiutato nel tuo percorso?
Mi hanno insegnato i valori di lealtà e sportività: saper sia vincere che perdere, e quando si vince complimentarsi con chi perdi.
Papà Roberto: E’ lei che ha insegnato a noi. Vedere una gara di ragazzi con disabilità non ha pari. Vedi in azione persone che ce l’hanno fatta: non contro un avversario, ma con se stessi.
UN’ENERGIA POSITIVA PRONTA AD ESSERE COMUNICATA A TANTI ALTRI ADOLESCENTI